OROLOGI DELL' AVVENTURA, SOL LEVANTE

SEIKO WORLD TIME A239-5000 E LA CONQUISTA ITALIANA DEL TERZO MONDIALE DI CALCIO NEL 1982

Questo è un blog che tratta di orologi  ed imprese epiche a cui sono associati. Quando pensiamo ad imprese epiche, nel nostro immaginario ci figuriamo grandi avventure verso il pericolo e l’ignoto. Del resto l’epica che tutti abbiamo studiato a scuola è proprio questo: Iliade, Odissea, Eneide per noi popoli mediterranei, il Raghnarot per i nordici, il Baghdavagida per gli Indù e così via….tutti questi poemi epici ci narrano di uomini in guerra, uomini in viaggio, uomini alla scoperta di nuove terre, uomini alle prese con le loro passioni. Naturalmente all’epoca dei grandi poemi classici non esistevano ancora gli orologi da polso, altrimenti sicuramente Ulisse avrebbe potuto portare un Sea Dweller e magari Achille un Glycine Incursore.

Ma non sempre, per usare il termine “epico”, occorre andare a cercare imprese che sfidano la morte. Per fortuna, per provare l’ebbrezza, il batticuore, la paura, l’esaltazione e tutte quelle emozioni testosteroniche che si possono percepire buttandosi in un assalto all’ arma bianca, non è  necessario fare le guerre, che tra l’ altro si combattono sempre più con l’elettronica, ma i morti sono purtroppo ancora esseri umani; esistono gli sport. “Epico” è un termine usato spessissimo in ambito sportivo, e con buona ragione. E fra tutti gli sport, il calcio è quello più popolare. Non che qualsiasi altra disciplina non sia in grado di donare emozioni epiche, ma il calcio, in certe circostanze, può ricreare una sorta di euforia planetaria. Di certo la manifestazione calcistica più totale e coinvolgente è quella che vede ogni quattro anni le nazionali di tutto il mondo affrontarsi in un unico torneo: i Campionati del Mondo Fifa World Cup. Ed oggi, prendendo spunto da un orologio, voglio raccontare proprio uno di questi mondiali, uno dei quattro vinti da noi italiani.

Mi sarebbe venuto molto più facile raccontare quello vinto nel 2006, essendo stato nel 1982 ancora troppo piccolo per poter avere ricordi in prima persona. Purtroppo però, l’ allora CT Marcello Lippi, indossava un orologio automatico Buti. Parliamo di un brand personale, che non so nemmeno se oggi è ancora attivo, nato proprio in quegli anni e che si colloca nella cerchia dei Fashion Watches, anche se, diamogli l’ onore delle armi, montava calibri ETA. Tuttavia, un orologio senza passato, che non ha avuto futuro, e troppo legato all’ apparire: non avrei potuto parlarne con sentimento, perché a me proprio non piace.

Ed invece mi piace, tanto da averlo inserito nella wish list degli orologi vintage che cercherò di avere in collezione, il SEIKO World Time A239-5000 che portava al polso il CT Enzo Bearzot durante tutta la fase finale dei Campionati Mondiali di Calcio del 1982,  vinti proprio dagli Azzurri. Seiko sponsorizzava l’evento ed era altresì fra gli sponsor della nostra Nazionale, logico dunque che il nostro CT ne indossasse un modello. Ora, qualche purista dell’orologeria meccanica, sopratutto se più giovane di 40 anni, potrebbe risentirsi del fatto che, ancora una volta, io abbia dato spazio e lodi ad un orologio al quarzo e perlopiù digitale. Potrebbe, se non tenesse conto del fatto che siamo in piena epoca del quarzo. Già da un decennio ormai gli orologi a batteria avevano praticamente soppiantato i meccanici. Gli orologi al quarzo erano la tecnologia più recente in fatto di movimenti, la gente cercava proprio questo: tecnologia all’avanguardia. Ed in un orologio anche comodità e precisione totale. Gli orologi al quarzo erano tutto questo, e la rivalutazione degli orologi meccanici era ancora molto lontana a venire. Di certo all’epoca si vedevano le cose in modo molto diverso da oggi. Enzo Bearzot

Tornando a noi, il SEIKO World Time A239-5000 fu il primo orologio digitale con mappa integrata per la visualizzazione di tutti i fusi orari del mondo.

s-l400-3Per poter visualizzare ora e fusi orari su un unico livello, lo schermo LCD era costruito con doppio strato. Altra funzione utile ed innovativa, la possibilità di impostare più  allarmi: sia con l’orario di casa che con le ore del mondo. Il primo esemplare di questo piccolo e geniale orologio nacque nel 1979, e si autoregolava, mediante tecnologia Global R-Wave sulla frequenza del segnale atomico di Fort Collins, in Colorado. I movimenti regolati tramite segnale radio erano in assoluto i più precisi e solo recentemente sono stati superati, quanto a precisione, dall’autoregolazione mediante segnale satellitare.

Prima del World Time gli orologi LCD con indicatore di fuso orario (restando in casa Seiko mi viene da annoverare gli h158 Pan Am e gli A708) montavano un secondo indicatore, più piccolo, sul display, che indicava il secondo fuso.      La cassa era in acciaio inox. 69750514_10216866487028462_7772162510920089600_n

Nel 1982, come detto,Seiko fu uno degli sponsor della manifestazione iridata, ed era anche sponsor e fornitore della nazionale italiana. Nazionale che arrivava alle fasi finali della rassegna praticamente già con le ossa rotte, e ciò riferito non alla condizione fisica ma a quella psicologica e morale. Paolo Rossi aveva appena finito di scontare ben due anni di squalifica per il suo coinvolgimento nelle tristi vicende del calcio scommesse, ed il CT Bearzot lo convocò in fretta e furia nella speranza di poter dare alla squadra il fuoriclasse che tanto abbisognava, e si era visto chiaramente nelle qualificazioni, in cui arrivammo secondi dietro la Jugoslavia, palesando limiti di gioco, mancanza di idee e talenti, e collezionando anche un paio si figuracce contro Danimarca e Lussemburgo. Su Rossi la nazione era divisa in due: chi plaudì la scelta di Bearzot era in netta minoranza rispetto a chi invece riteneva che un giocatore restato fermo per due anni non doveva entrare in quella squadra, invocando al suo posto la convocazione di Altobelli, che pure comunque venne portato in Spagna a giocarsi il Mondiale. Inoltre mancavano proprio i due attaccanti più forti del momento: Pruzzo e Beccalossi. Fra tutto questo, come tante volte è già accaduto, il CT si affidò ad un solido blocco di giocatore provenienti dalla Juventus, e questo, si sa, dà sempre validi motivi di mugugno a chi preferirebbe una rappresentativa più eterogenea, e del resto in quegli anni, in cui ancora gli stranieri potevano essere solo tre per squadra, di validi giocatori da nazionale ve ne erano tanti ed in ogni squadra di serie A.

Fatto sta che, quasi a dar ragione agli scettici, l’ Italia, nel primo girone, non entusiasmò affatto, ottenendo solo tre scialbi pareggi contro Polonia, Perù e Camerun e qualificandosi soltanto per una striminzita differenza gol.       La stampa ci andò giù dura, malignando di una presunta combine col Camerun e di una non meglio precisata “Amicizia Particolare” fra Antonio Cabrini e Paolo Rossi. Rossi che fra l’ altro fino a quel momento era stato evanescente, finendo sostituito a partita in corso due volte su tre dal tecnico che tanto lo aveva voluto in squadra. Tutti questi insulti da parte dei giornalisti indussero  Bearzot a far entrare la squadra in Silenzio Stampa.

Nel secondo girone eliminatorio (quel mondiale era impostato così) la fino ad allora piccola e nevrotica Italia capitò con le due nazionali più forti del mondiale: l’ Argentina campione in carica, con Maradona nel fiore degli anni, ed il Brasile di Zico, Falcao, Socrates. Ma da quel momento in poi successe qualcosa: contro l’ Argentina gli azzurri si scoprirono capaci di impostare un loro gioco, basato sulla nostra tradizione: marcature ad uomo asfissianti e rilanci. Fu così che batterono  l’ Argentina per 2-1 e, nella partita col Brasile, oltre ad una identità, la Nazionale ritrovò il suo bomber: Paolo Rossi ne fece tre, e mandammo a casa i brasiliani con un combattutissimo 3-2 da cardiopalma.

Le prime classificate dei secondi gironi eliminatori si ritrovarono così a disputare le semifinali. Germania-Francia ed Italia-Polonia le due sfide. Fra crucchi e mangiarane i 90 regolamentari terminarono su uno spettacolare 3-3, e furono solo i calci di rigore a far passare la Germania in finale.     Per l’ Italia, dopo le sfide da paura con Argentina e Brasile, il sorteggio parve essere favorevole, assegnandole una certamente ottima Polonia, ma che aveva già dato ed a cui mancava l’uomo simbolo, Boniek, squalificato. Ed infatti gli azzurri passarono abbastanza agevolmente, con un 2-0 e doppietta dell’ormai rinato Paolo Rossi.

Finale. Madrid. 11 luglio 1982. Italia-Germania Ovest. Ormai un classico, un derby, che riporta alla memoria collettiva quella fantastica partita finita per 4-3 otto anni prima, in un altro mondiale. L’ Italia ci arrivò senza il suo regista e uomo d’ordine a centrocampo, Antognoni. In più, dopo 8 minuti, anche Graziani fu costretto ad abbandonare il campo per infortunio. Al netto della sfortuna, Cabrini sbagliò un rigore, ed il primo tempo si chiuse sullo 0-0. L’italia aveva giocato meglio, ma aveva sprecato, e nel calcio esiste una legge non scritta che spesso punisce chi sbaglia troppo pur giocando meglio, e la paura che potesse accadere ciò era palpabile in tutti gli spettatori, sia allo stadio che davanti alle tv. Ed invece, nel secondo tempo, Gentile crossò dalla sinistra una parabola perfetta per la testa di Rossi: 1-0. Poi fu il turno di Tardelli: tiro da fuori, 2-0 E l’urlo di esultanza più famoso della storia sportiva. Ormai dominatori della gara, arrivò gloria anche per Altobelli autore del 3-0. Breitnen, per i tedeschi, siglò il gol del definitivo 3-1. Questi gli ultimi attimi di telecronaca di Nando Martellini: “…palla al centro per Müller, ferma Scirea. Bergomi. Gentile…. è finita! CAMPIONI DEL MONDO! CAMPIONI DEL MONDO! CAMPIONI DEL MONDO!”

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.